Nei locali della Sezione AIA, Rosario Lo Bello ha presentato il volume dedicato al padre Concetto che traccia il profilo professionale ed umano di un personaggio poliedrico. Arbitro, dirigente sportivo, uomo politico che ha interpretato il sogno di un testardo siciliano.
di Salvatore
Russo
La sezione AIA (Associazione Italiana
Arbitri) di Piazza Cavour a Catania è stata anche casa loro. Un punto di
riferimento importante, ha ricordato con un pizzico di emozione, Rosario Lo
Bello nel corso della presentazione del libro "Concetto Lo Bello – Storie e momenti di vita tratti dall'archivio di
famiglia", dedicato a suo padre e celebre arbitro e dirigente
sportivo.
L'appuntamento, organizzato dall'Associazione Concetto Lo Bello – Idee per lo sport, la cultura, il sociale, con il patrocinio del Coni, ha celebrato la figura del miglior arbitro italiano di tutti i tempi e che è stato anche dirigente, presidente sportivo e parlamentare.Un racconto, correlato da aneddoti, testimonianze, foto e articoli, che tracciano il profilo di un personaggio poliedrico.
Alla presentazione sono intervenuti i
relatori: Stefano Archinà, dirigente dell’AIA componente del
Comitato Nazionale; Antonio Taranto, Presidente della Sezione AIA di
Catania; Sandro Morgana,Presidente della Lega Sicula.
Prestigiosa la partecipazione di autorità
civili, religiose e militari. Presenti, tra gli altri, Il Prefetto di
Catania Maria Carmela Librizzi; il Vicario del Vescovo Mons. Salvatore.
Genchi; il Generale di corpo d’armata dei CC Riccardo Galletta; il
Generale della GdF Antonio Raimondo; l’Ammiraglio Giancarlo Russo; il
Colonnello CC Comandante prov. Ct Rino Coppola; il Presidente della Corte
d’Appello Filippo Pennisi;il Procuratore Generale f.f. Carlo Caponcello; il
Presidente del Tribunale Francesco Saverio Mannino; il Procuratore Agg. Ignazio
Fonzo.
Il volume, a cura di Rosario Lo Bello, vede una
prefazione di Gianni Minà e i contributi di Enzo Pennone e Gaetano
Sconzo.
Durante l’incontro, moderato da Enrico Pappalardo, le relazioni a latere del Procuratore Caponcello e del Generale di corpo d’armata dei Carabinieri Galletta, intervenuti a vivacizzare il dibattito come ex arbitri. In chiusura anche la testimonianza commossa di Pietro Nicolosi, ex arbitro e guardialinee dei Lo Bello, padre e figlio.
A margine della presentazione abbiamo incontrato l’autore del libro Rosario Lo Bello.
“Si certo. Nel libro non è
trascritta soltanto la traccia di un arbitro, ma anche di un padre, di uno
sportivo, oltre che dirigente e soprattutto di un uomo che ha lasciato alla
propria città, un'eredità importante anche attraverso il credito che ha
acquisito in decenni di carriera e messo poi a frutto dotando Siracusa di
impianti sportivi, lasciati in eredità alle generazioni future. Concetto Lo
Bello in tutti i modi ed in tutti gli ambiti ha sempre voluto dare un’impronta alla
sua sicilianità, all’amore per le sue origini. Un politico al servizio della
propria città, oggi mi pare un po’ difficile trovarlo”.
Ecco un uomo di sport per lo sport,
perché certo la sua carriera da arbitro non è passata inosservata, anzi per decenni
è stato definito l'arbitro.
“Sì, i numeri segnano una carriera
ineguagliabile,328 partite dirette in Serie A sono ancora un record da superare.
Diventò arbitro internazionale nel 1958 e nel corso della sua lunga carriera
diresse 93 incontri. Nel 1966 rappresentò l’Italia ai Mondiali. Ma poi ci sono
tutte le altre esperienze nel mondo sportivo che hanno lasciato un solco
profondo e non solo nel calcio”.
Come arbitro, ha avuto un rapporto
molto sincero, schietto, con le grandi firme del giornalismo italiano, non
usuale, quasi impensabile all’epoca.
“Per realizzare il libro abbiamo
raccolto tante testimonianze, dei flash, articoli, foto e lettere di grandi
giornalisti, da Gianni Brera a Indro Montanelli, ed ancora, Enzo
Tortorra, Candido Cannavò, ed altri autorevoli cronisti che hanno scritto
di lui, apprezzandone il ruolo che svolgeva in campo”. Era capace di catturare
la curiosità e l’attenzione di penne prestigiose e sono sicuro che a lui non
dispiacesse”.
A proposito di grandi firme, il libro
vede la prefazione di Gianni Minà che ha risposto con entusiasmo al suo invito.
“Andai a trovarlo a Roma, qualche
anno fa, la sua casa sembrava un museo, la piccola redazione di un giornale, è
fu felice ed onorato della proposta. Alla pubblicazione del libro cercai di
ottenere la promessa di una sua partecipazione alla presentazione che, qualche
tempo dopo,si realizzò con un suo intervento in streaming. Raccontò della chiacchierata tra
un giovane giornalista e Concetto Lo Bello, a passeggio a Siracusa, con lo
sfondo di Ortigia, su una carrozza del tempo”. Oggi quella prefazione
assume un valore immenso”.
Lei è stato arbitro internazionale,
ha fatto la sua carriera spinto dalla passione, ma come ogni figlio d’arte è
stato esposto ai giudizi di chi a tutti i costi cercava il raffronto mediatico.
“E’ stata un'esperienza molto
interessante, che ho vissuto con un certo distacco. All’inizio mi attaccavano:
quando i commenti erano teneri dicevano che volevo imitare mio padre. Quelli
più duri, salaci, rimarcavano che avessi ereditato da Concetto Lo Bello solo i
difetti.
C’erano due vie parallele, ma
diciamo così, a me toccava percorrerne una da solo e basta”.
In campo il rispetto per il
direttore di gara è dovuto, ma cosa serve per mantenerlo.
“Serve autorevolezza, che si
conquista con la credibilità. L’arbitro è la figura di un uomo che ha insito in
sé il rispetto delle regole che trasferisce in campo.
Questi siamo noi, gli
arbitri. Abbiamo appreso da subito, in questa grande famiglia, disciplina,
equilibrio e rispetto.
Quello che non abbiamo
potuto evitare è l’errore, purtroppo arbitri e uomini sono geneticamente
imperfetti. Abbiamo però l’orgoglio di indossare la divisa come una seconda
pelle e lo facciamo col cuore. Per quanto mi riguarda né l’una, né l’altra sono
stati mai negoziabili”.
Torniamo al libro, alla
figura di suo padre e al vostro rapporto.
“Il nostro rapporto era
quello tra genitore e figlio, niente di più. Per il resto il solco da lui
tracciato era troppo profondo.
Solo a guardando venivano le
vertigini, quindi ho eretto un muro invalicabile, intangibile. Quando ha capito
quale era la mia decisione si è rassegnato, anche se aveva previsto quale
sarebbe stata la pressione mediatica che avrei dovuto sostenere.
Solo due o tre volte ha infranto,
per così dire, il protocollo osservandomi in incognito. Era il suo modo di
starmi vicino. D’altra parte come potevi filtrare l’affetto di un padre. Nella
mia vita ho avuto due propositi grandi: il primo era quello di non sciupare il
suo nome, ed il rischio c’era. Il secondo era non deluderlo”.
Per chiudere, le chiedo: dove va il
calcio di oggi.
“Il calcio di oggi è un'altra cosa,
è cambiato tutto e a mio padre non sarebbe piaciuto”.
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